La fiducia nel dentista migliora il tuo sorriso

Settembre 1, 2023 CDR Comments Off

Chi, almeno una volta nella vita, ha provato paura andando dal dentista?

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità quasi una persona su cinque soffre di odontofobia, la paura di sentire dolore sulla sedia del dentista. Questo timore può avere conseguenze negative sulla salute della bocca, perché spesso chi ne soffre tende a evitare le visite di controllo o a ostacolare le cure odontoiatriche. Al contrario chi ha un rapporto positivo con il proprio dentista contribuisce in modo attivo all’efficacia della cura.

Ma come si costruisce una buona relazione tra medico e paziente? Lo abbiamo chiesto al dottor Redo Camporesi del Centro Dentistico Romagnolo, un “figlio d’arte” di questa professione essendo cresciuto in una famiglia di dentisti e medici.
“Mio padre era dentista, mio nonno medico e mio bisnonno pure – rivela il dottor Camporesi – quindi ho avuto l’opportunità di riflettere e di osservare alcune dinamiche su questo tema ancor prima di iniziare a esercitare. Ho visto diverse persone arrivare nello studio di mio padre con gli occhi spiritati o con un po’ di tremarella. Una delle prime cose che può e deve fare un dentista per mettere a proprio agio un paziente è parlare con lui, informarlo e renderlo partecipe delle decisioni terapeutiche che lo riguardano. Più si parla e meglio è: occorre spiegare bene la situazione di partenza, illustrare le possibilità di intervento e le conseguenze, chiarire eventuali dubbi, rispondere alle domande su ogni aspetto che interessa al paziente”.

Se l’essere informato sul proprio stato di salute e sulle decisioni di cura è un diritto individuale riconosciuto fin dalla Carta dei diritti del paziente (Patient’s Bill of Rights, 1973), instaurare un dialogo positivo tra medico e paziente aiuta a costruire un clima di fiducia proficuo per entrambi.

“A me viene facile perché sono curioso e mi piace sempre conoscere qualcosa in più delle persone con cui entro in contatto – continua il dottor Camporesi – ma stimolare una conversazione a tutto tondo, magari commentando un risultato sportivo o parlando delle mete delle prossime vacanze, aiuta anche a creare un’empatia che permette al paziente a sentirsi accolto e preso in carico ancor prima di sentirsi chiedere di aprire la bocca”.

E’ stato dimostrato da diversi studi che un paziente che si fida e ha una valutazione positiva del proprio medico contribuisce in prima persona alla buona riuscita delle cure.

La fiducia – spiega il dottor Camporesi – è alla base di comportamenti più consapevoli e, quindi, collaborativi. Specie nei casi di trattamenti difficili o particolarmente lunghi, aiuta il paziente ad adottare le condotte migliori per supportare un esito positivo della terapia. D’altro canto quella che viene definita “umanizzazione delle cure” porta vantaggi anche a noi professionisti: quando sai che hai fatto un servizio al paziente e ci sei riuscito facendolo stare bene, anche tu ti senti meglio”.